Olistico: approccio nello studio del calcestruzzo

L’approccio olistico, (dal greco hólos che significa che significa “tutto”) è stato proposto prima da Idorn (Concrete Progress. From Antiquity to the Third Millennium, Thomas Telford, London, 1997) e poi più estesamente ripreso da Mehta (Durability – Critical Issues for the Future“, Concrete International, Vol. 19, No. 7 July, 1997, pp 27-35.) per indicare una nuova metodologia finalizzata allo studio della durabilità delle strutture in calcestruzzo. Più in generale, l’approccio olistico, cioè integrale, è stato proposto per contrastare l’eccesso di riduzionismo in ogni campo della scienza e della tecnologia, basato sulla pretesa che tutti gli aspetti di una struttura complicata o di un fenomeno complesso (nell’economia come nella medicina, nell’ingegneria come nella biologia) possano essere compresi riducendoli a parti più semplici. Nel campo del calcestruzzo, con l’approccio riduzionistico si è spesso semplificata la struttura reale riducendola in provini e trasformando il complesso ambiente naturale in un ambiente di laboratorio dove si possa far variare un solo parametro per volta a parità di tutte le altre condizioni. Questo procedimento analitico è figlio del moderno pensiero scientifico, e si è rivelato molto utile per lo sviluppo di nuove teorie scientifiche come anche per la realizzazione di tecnologie molto progredite. Tuttavia, l’eccesso di riduzionismo può essere fuorviante nello studio di sistemi molto complessi per i quali l’approccio olistico, basato sull’intuizione, si può rivelare più proficuo. Anzi, secondo Capra (The Turning Point, Batan New Ages Book, 1983.), i due approcci debbono essere considerati complementari.A differenza dell’approccio riduzionistico, che consente di misurare con precisione i parametri studiati e di elaborare talvolta anche un modello matematico per descriverne il comportamento in ben determinate condizioni, l’approccio olistico è necessariamente qualitativo o al massimo semi-quantitativo, ma non per questo meno proficuo o vantaggioso rispetto all’approccio riduzionistico. Per quanto riguarda il calcestruzzo, un paio di esempi potranno essere utili per esaminare i vantaggi dell’approccio riduzionistico o di quello olistico per affrontare i vari problemi.

L’APPROCCIO RIDUZIONISTICO 

Il primo esempio riguarda lo studio della resistenza meccanica a compressione (Rc). Come è noto, Rc dipende, oltre che dal rapporto acqua/cemento (a/c), da molti altri parametri: grado di compattazione del calcestruzzo dentro i casseri, temperatura e umidità relativa della stagionatura, tempo di maturazione, forma geometrica e dimensione dei provini, tipo e classe di cemento, e porosità degli aggregati lapidei. Per semplificare un così complesso sistema, con un approccio riduzionistico occorre ridurlo in parti più semplici facendo variare, per esempio solo a/c e misurando Rc mantenendo costanti tutti gli altri parametri. Qualcosa del genere dovette fare Abrams per ricavare la famosa legge che porta il suo nome:Rc = K1/K2/a/c          [1]dove K1 e K2 sono due costanti che dipendono da tutti gli altri parametri tenuti costanti (tempo di rottura, temperatura di stagionatura, tipo di cemento, forma geometrica dei provini, ecc.). Per arrivare all’equazione [1] o altre simili, si può cominciare a preparare in laboratorio una serie di calcestruzzi con lo stesso tipo di cemento dove l’unico parametro variabile è il valore di a/c e procedere quindi ad una completa e costante compattazione del calcestruzzo fresco, ad una stagionatura umida sempre a 20°C, ad una rottura a compressione dei provini cubici sempre a 28 giorni. Quindi, nota la resistenza Rc per ogni valore di a/c, si potranno ricavare le costanti K1 e K2 oppure si potrà rappresentare graficamente l’equazione [1] a 28 giorni (Fig. 1).

Fig. 1 – Influenza del rapporto acqua-cemento (a/c) sulla resistenza caratteristica (Rck) del calcestruzzo con CEM II B/L 32.5R.

         Ripetendo l’esperienza alla stessa temperatura, impiegando lo stesso cemento, e rompendo i provini ad un’altra stagionatura – per esempio a 7 giorni – si potranno calcolare altri valori di K1 e K2. Procedendo in questo modo ad altre stagionature (per esempio 1 e 3 giorni) sarà possibile offrire un quadro più completo della correlazione Rca/c a tempi diversi ma riferiti alla stessa temperatura, stesso cemento e stesso grado di compattazione. Per le strutture reali, però, difficilmente si conoscono il grado di accuratezza adottato nel compattare il calcestruzzo gettato nei casseri, la temperatura effettiva (tra l’altro mai costante, ma variabile di giorno in giorno in base al clima ed al calore di idratazione sviluppato inizialmente). Pertanto, l’equazione di Abrams non può essere molto precisa per predeterminare la Rc del calcestruzzo nelle strutture reali, noti i valori di acqua e cemento immessi in betoniera o, al contrario, per calcolare il valore di a/c adottato in base alla misura della Rc su una “carota” estratta dalla struttura. Tutto ciò non significa però che uno studio affrontato con l’approccio riduzionistico sia di scarsa utilità, ma piuttosto che i risultati ottenuti non possano essere estrapolati al di fuori delle limitazioni entro le quali furono ricavati.Per tornare all’equazione di Abrams [1], si possono segnalare almeno due utili applicazioni pratiche. La prima riguarda la necessità di controllare la qualità del calcestruzzo, ed in particolare la sua resistenza meccanica, attraverso la misura di Rc non già sulle strutture, ma su provini di geometria nota, compattati a rifiuto, e stagionati a temperature e per tempi ben standardizzati (20°C e 28 giorni). Solo in questo modo il valore di Rc è significativo ed esprime la potenziale qualità del calcestruzzo utilizzato in cantiere sulla base di precise prescrizioni: esso è utile, quindi, per regolare le forniture del produttore di calcestruzzo all’impresa, ma non può essere esteso, salvo eccezioni, al controllo della resistenza del calcestruzzo delle strutture. La seconda applicazione, molto più utile per il progresso tecnologico, riguarda l’insegnamento derivante dalla legge di Abrams: una volta noto l’importante ruolo giuocato da a/c, si è compresa l’importanza di controllare l’acqua introdotta nell’impasto (compresa quella derivante dall’umidità degli aggregati dalla cui variabilità può dipendere molto la scarsa riproducibilità dei risultati di Rc). Inoltre, dalla legge di Abrams deriva tutta la ricerca che ha portato all’invenzione ed allo sviluppo di additivi sempre più efficaci nel ridurre l’acqua di impasto, e conseguentemente il valore di a/c, senza penalizzazione della lavorabilità.

L’APPROCCIO OLISTICO 

Il secondo esempio riguarda lo studio della durabilità delle strutture reali (travi, pilastri, solette, ecc.) che risulta essere molto più complesso di quello affrontabile in laboratorio. Quest’ultimo viene studiato necessariamente con un approccio riduzionistico preparando alcune serie di provini per ciascuna delle quali si fa variare un solo parametro; (per esempio a/c, oppure il tipo di cemento, oppure la temperatura di esposizione, oppure ancora la concentrazione di agente aggressivo). Questo approccio semplifica lo studio perché consente di determinare l’influenza di ciascun parametro sulla durabilità a parità di tutte le altre condizioni.Tuttavia, occorre estendere con molta prudenza i risultati ottenuti con l’approccio riduzionistico alle strutture reali. Per esempio, sovente si verifica che due parti molto prossime nella stessa struttura – quindi a parità di a/c, di compattazione, ed apparentemente di tutti gli altri parametri – presentino comportamenti di durabilità molto diversi tra loro, difficilmente interpretabili sulla base del solo studio riduzionistico di laboratorio. L’approccio olistico, basato soprattutto sull’osservazione comparativa ed acuta delle strutture reali danneggiate e di quelle integre della stessa opera, consente invece di arrivare ad una comprensione intuitiva del fenomeno ancorché difficilmente modellabile in termini quantitativamente analitici.La Fig. 2 illustra in modo sintetico e semi-quantitativo i principali parametri responsabili del degrado di una struttura in calcestruzzo armato (4). Questi parametri sono raggruppabili in tre categorie:– porosità del materiale– umidità delle strutture esposizione ad ambiente aggressivoFig. 2 – Approccio olistico al degrado: occorre la coesistenza di umidità, di porosità del materiale e di agenti aggressivi nell’ambiente perché si manifesti il degrado (area rossa).Ciascuna categoria di parametri è rappresentata da un cerchio in Fig. 2. Solo quando tutte e tre le categorie coesistono, alternativamente o continuamente, si può manifestare il degrado: questa situazione corrisponde alla sovrapposizione dei tre cerchi ed è rappresentata dalla zona centrale del diagramma ternario di Fig. 2. La sovrapposizione di soli due cerchi che corrisponde alla coesistenza di due categorie di parametri, per esempio ambiente umido ed aggressivo per presenza di solfati, non comporta alcun rischio di degrado per la mancanza della terza categoria di parametri, cioè della porosità del calcestruzzo. Naturalmente, ancora meno probabile è il rischio di degrado in presenza di una sola categoria di parametri: per esempio calcestruzzo poroso in ambiente asciutto e privo di agenti aggressivi.Nella Fig. 2 sono anche mostrati i vari parametri appartenenti a ciascuna categoria. Per esempio, la porosità del calcestruzzo include un numero significativo di parametri che possono influenzare direttamente o indirettamente la porosità: non solo il valore di a/c che, come è noto dalla teoria di Powers, influenza la porosità capillare (1-100 mm) della matrice cementizia; ma anche una carente stagionatura umida iniziale, l’esposizione alle escursioni igro-termiche dell’ambiente che possono provocare la formazione di microfessure (100-300 mm) attraverso le quali l’acqua ambientale può penetrare trasportando gli agenti aggressivi ed aggirando una matrice cementizia anche poco porosa per il basso valore di a/c. Ed ancora: uno scarso grado di compattazione del calcestruzzo nella struttura reale, in relazione ad un impasto segregabile, poco lavorabile e/o poco vibrato (si veda l’articolo “Lavorabilità del calcestruzzo fresco: influenza sul calcestruzzo in servizio” disponibile sul sito www.encosrl.it è l’ ABC del calcestruzzo:), può provocare la presenza di macrovuoti (1 mm – 1 cm), talvolta fino alla formazione di vistosi “vespai”, che ovviamente facilitano l’ingresso dell’acqua e degli agenti aggressivi anche in calcestruzzi confezionati con basso a/c e ben stagionati a umido.Per quanto riguarda l’aggressività dell’ambiente ci si può limitare all’elenco degli agenti aggressivi più frequentemente riscontrabili e previsti dalla normativa europea (si consulti l’articolo “Durabilità del calcestruzzo armato” sul sito www.encosrl.it è l’ABC del calcestruzzo:): solfati, cloruri, alcali, ossigeno, anidride carbonica, ghiaccio, tenendo presente che molto spesso questi fattori agiscono contemporaneamente con effetti talvolta sinergici (1 + 1 = 3).

IL RUOLO DELL’ACQUA

L’acqua, infine, giuoca un ruolo determinante innanzitutto nel trasporto degli agenti aggressivi dall’ambiente verso i singoli componenti delle strutture (armature metalliche, pasta cementizia ed aggregati), e, nel caso di ambienti molto freddi (< 0°C), essa stessa diventa l’agente aggressivo attraverso la formazione di ghiaccio. Ma l’aspetto più complesso, nel ruolo giuocato dall’acqua, riguarda la presenza continua o intermittente che, a seconda dello specifico meccanismo di degrado, può diventare l’elemento determinante per promuovere o bloccare il fenomeno del deterioramento delle strutture. Per esempio, nel caso della corrosione dei ferri di armatura promossa da carbonatazione è essenziale che il calcestruzzo sia esposto alla presenza intermittente dell’acqua (Fig. 3) per favorire, nei periodi asciutti il trasposto dell’aria. Questa con la presenza di anidride carbonica (CO2) neutralizza la calce e con la presenza di ossigeno (O2) alimenta la formazione di ruggine. In strutture permanentemente immerse in acqua, invece, il fenomeno della corrosione è di fatto bloccato per la difficoltà dei gas CO2 e O2 a diffondere attraverso il copriferro satura di acqua.

Fig.3 – Struttura in calcestruzzo armato con espulsione del copriferro a seguito della formazione di ruggine (più voluminosa dell’acciaio) sulla superficie delle armature metalliche corrose per carbonatazione.

Fig.4 – Fessurazione da reazione alcali-aggregato in un pavimento di calcestruzzo.

 Al contrario, nel caso del degrado dovuto, per esempio, alla reazione alcali-aggregato (Fig. 4) la presenza continua di umidità accelera il decorso del fenomeno purché, ovviamente, siano presenti le altre due condizioni indispensabili al decorso del processo: silice reattiva negli aggregati ed elevata concentrazione di alcali nel calcestruzzo (espressi come Na2Oeq* > 2 Kg/m3). Quest’ultima situazione può essere determinata da un eccessivo contenuto di sodio e potassio all’interno del calcestruzzo (cemento con Na2O > 0.6%) oppure dall’esposizione del calcestruzzo in servizio ad un ambiente esterno ricco di alcali, come avviene per esempio nelle pavimentazioni esposte a salatura (con NaCl) nei periodi invernali per sciogliere il ghiaccio.Una situazione analoga si presenta nell’attacco solfatico con formazione di ettringite: esiste la possibilità che il solfato provenga dall’ambiente esterno (terreni o acque solfatiche) al quale il calcestruzzo è esposto (Fig. 5), oppure che esso sia presente all’interno stesso del calcestruzzo per il lento rilascio (Fig. 6) da uno dei suoi ingredienti solidi (aggregati o cemento). L’attacco solfatico interno, più noto con il nome di DEF (Delayed Ettringite Formation), si è manifestato solo recentemente (anni ’80 e ’90) ed ha colpito in modo particolare alcune tipologie strutturali (traversine ferroviarie in c.a.p.) piuttosto che altre.

Fig.5 – Distacco superficiale del calcestruzzo delle pareti di un canale bagnato da acque solfatiche.

Fig.6 – Esempio di attacco solfatico interno (DEF) nel calcestruzzo di una traversina in c.a.p.: l’eccessivo stato di coazione provoca le microfessure e promuove l’attacco solfatico.

 Proprio adottando l’approccio olistico (“Damage by Delayed Ettringite Formation., A Holistic Approach and New Hypothesis“, Concrete International, Vol. 21, No.1, January, 1999, M. Collepardi, pp 69-74) tenendo conto cioè dei vari parametri progettuali, produttivi, composizionali ed ambientali (sollecitazioni a fatica in servizio, microfessure provocate dalle sollecitazioni di precompressione, tipo di cemento impiegato, ciclo termico di maturazione accelerata a vapore, ecc.) è stato possibile risalire alle possibili cause di degrado provocate dall’attacco solfatico interno e le ragioni per le quali le traversine ferroviarie sono più vulnerabili all’attacco solfatico rispetto ad altre strutture (www.encosrl.it  è ABC del calcestruzzo :”Ettringite: Dr Jekyll e Mr. Hyde”).*NOTANa2Oeq=alcali totali espressivi come Na2O equivalente = Na2O + 0.66K2O   

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