Gel tobermoritico. Così veniva chiamato l’idrosilicato di calcio C-S-H (←) per la sua somiglianza con il minerale naturale tobermorite le cui strutture nanometriche sono mostrate nella Figura che segue:
Geocemento → vedi Geopolimero.
Geopolimero. E’ un termine coniato da Joseph Davi- dovits (←) negli anni 1970 per indicare una tipologia di materiali inorganici a base di alluminosilicati ottenuti per sintesi da minerali naturali allumino-silicatici, tipo argilla caolinitica, trasformata termicamente a bassa temperatura in metacaolino ed attivato con idrossido di sodio. Secondo Davidovits, le Piramidi Egiziane (←) furono costruite con un processo di geopolimerizzazione così schematizzabile:
Argilla + calce + natron + acqua → idro-sodalite caolinitica idrata
Si2O5•Al2(OH)4 + Ca(OH)2 + Na2CO3 + (n-3)H20 → Na2O•2SiO2•Al2O3•nH2O
Oggi i geopolimeri possono essere prodotti con allumino-silicati provenienti da scorie industriali come la cenere volante (←), la loppa d’altoforno (←), la ce- nere di pula di riso (←) o la pozzolana naturale (←) direttamente trattate con soluzioni alcaline di NaOH che attivano l’idratazione di questi materiali consentendo di raggiungere livelli di resistenza meccanica paragonabili a quelli ottenibili con il calcestruzzo ordinario a base di cemento Portland (←), rispetto al quale i geopolimeri presentano il vantaggio di essere prodotti con un consumo energico ed una emissione di CO2 inesistenti. Tutti questi aspetti concorrono a definire il geopolimero come un materiale idoneo ad un progresso con uno sviluppo sostenibile (←).
Da un punto di vista strutturale i geopolimeri sono molto simili alla zeolite (←) ma si presentano in uno stato amorfo (←) in quanto non dotati di una struttura di un solido cristallino (←).
Gesso aggressivo chimico → vedi Ettringite.
Gesso bi-idrato. Chimicamente è CaSO4•2H2O. In questa forma appare come prodotto finale nell’utilizzazione del gesso legante (←). Esso è anche utilizzato come gesso regolatore della presa (←) per formare l’ettringite primaria (←) in fase plastica del calcestruzzo fresco (←). Il gesso bi-idrato che si trova nell’ambiente, soprattutto nei terreni, può comportarsi da gesso aggressivo chimico (←) con formazione di ettringite secondaria (←): in questo caso la prevenzione del degrado avviene se si adottano gli accorgimenti proposti per le strutture in calcestruzzo che si trovano nella classe di esposizione XA (←) che prevedono anche l’impiego di cementi resistenti ai solfati (←).
Gesso legante. Esistono tre forme chimiche di gesso tutte a base di solfato di calcio (CaSO4). In natura è largamente disponibile la pietra di gesso che si presenta come un solfato di calcio noto come gesso bi-idrato (←), CaSO4•2H2O, che non ha caratteristiche leganti. Per cottura del gesso bi-idrato a 100-150°C si formano gesso semi-idrato (CaSO4•0.5 H2O) e/o anidrite (CaSO4) con sviluppo di vapore acqueo (H2O) che viene rimosso in alto (↑) insieme ai fumi della combustione:
CaSO4•2H2O → CaSO4•0.5H2O + 1.5 H20 (↑) CaSO4•2H2O → CaSO4 + 2 H20 (↑)
Sia la polvere di gesso semi-idrato che quella di anidrite, mescolata con acqua e sabbia, forma una malta plastica modellabile che progressivamente indurisce riformando il gesso bi-idrato:
CaSO4 • 0.5H2O + 1.5 H20 → CaSO4 • 2H2O CaSO4 + 2 H20 → CaSO4 • 2H2O
In sostanza si parte dal gesso bi-idrato come materia prima e si chiude il ciclo con la riformazione di gesso bi-idrato al termine dell’indurimento.
In teoria, l’acqua stechiometrica, cioè quella chimicamente necessaria a convertire tutto il legante in gesso bi-idrato è pari a 18,7% o 25,4% a seconda che si debba far avvenire la completa trasformazione chimica in gesso bi-idrato rispettivamente del semi-idrato o dell’anidrite. In pratica, però, l’acqua impiegata per ottenere una malta plastica lavorabile può variare dal 30 al 100% rispetto al peso del legante e quindi è molto maggiore di quella necessaria chimicamente alla conversione di tutto il legante in gesso bi-idrato.
In teoria, il gesso si comporta come un legante idraulico (←) in quanto per indurire non richiede la presenza di aria ma solo di acqua; in altre parole una miscela di gesso legante ed acqua tenuta al riparo dell’aria è in grado di indurire grazie alle reazioni sopra illustrate.
mento contiene noduli di calce cotta a morte (←) che espande pericolosamente se uno dei noduli si trova sulla superficie. → vedi Bottaccioli.
Piramidi Egiziane. Davidovits (←) parte dalla convinzione che gli antichi Egiziani non possedessero strumenti e tecnologie per ritagliare blocchi di calcare, pesanti da 2 a 15 tonnellate, di sollevarli e di accostarli con un giunto regolare e preciso uno accanto all’altro per la costruzione delle Piramidi. Egli sostiene, invece, che le Piramidi furono costruite con una tecnologia molto simile a quella di un calcestruzzo (←): veniva utilizzato un impasto fluido, trasportato agevolmente entro piccoli contenitori, gettato in una cassaforma (←) predisposta in forma di un cubo vuoto per formare grossi blocchi di forma geometricamente regolare, e lasciato indurire come un materiale cementizio prima di rimuovere le cassaforma per gettare altri blocchi adiacenti.
Secondo questa affascinante teoria (J. Davidovits, “Margie Morris The Pyramids: An Enigma Solve”, New York, Dorset Press, 1988) un calcare poroso con un alto tenore di argilla caolinitica era disponibile in prossimità del luogo di costruzione delle Piramidi; il calcare veniva mescolato con l’acqua del Nilo in grosse piscine fino ad ottenere una pasta molto fluida; a questa si aggiungeva calce (←), CaO, residuo della combustione di materiale organico (legno, vegetali, ecc), che in acqua si trasformava in calce idrata (←), Ca(OH)2 e il minerale naturale natron (←), carbonato di sodio, Na2CO3, largamente disponibile ed impiegato nella tecnica della mummificazione delle salme. Ancorché gli Egiziani ignorassero il meccanismo chimico di solidificazione di questa miscela fluida —come del resto i Romani ignoravano il meccanismo di azione chimica della pozzolana naturale (←) nei confronti della calce (←) nel calcestruzzo antico (←)— essi inventarono empiricamente un modo di produrre un materiale fluido-plastico, capace di essere colato entro casseri e trasformato in blocchi formati da una pietra dura artificiale alla quale Davidovits dette il nome di geopolimero (←) perché formato dalla ripetizione di tante unità a base di gruppi minerali inorganici Na-(—Si—O— Al- O-Si—O- ).
Con questo materiale è possibile costruire anche oggi manufatti stabili e duraturi per le costruzioni impiegando un collante cementizio che non richiede il consumo energetico e che non emette l’anidride carbonica previsti nella produzione del clinker (←) di cemento Portland (←).Un geopolimero a base di cenere volante (←), loppa (←), calce (←) e idrossido di sodio, NaOH, è stato impiegato per la inertizzazione dei rifiuti chimici e nucleari (←) (M. Collepardi, G. Grossi, M. Pellizon Birelli, G. Ventura, “Influence of D-Sorbitol on the Properties of Binders to Immobilize Acid Nuclear Wastes”, Proceedings of 8th International Conference on Superplasticizers and Other Chemical Admixtures in Concrete, Sorrento, Italy, 29 October – 1 November, pp. 525-531, 2006).
Pirite. Minerale a base si solfuro di ferro (FeS2) che vie- ne ossidato per produrre acido solforico. Il residuo del processo di ossidazione della pirite è nota come cenere di pirite (←) ed è impiegata nella produzione del clinker di cemento Portland (←) come fonte di ossido ferrico, Fe2O3.
Piroclastica. Una roccia è detta piroclastica se proviene da prodotti esplosivi ed effusivi (piroclasti) di un’eruzione vulcanica. Un esempio di roccia piroclastica è il tufo (←) che ha subito un processo di pietrificazione. → vedi Rocce piroclastiche.
Pistola di Windsor. La pistola di Windsor è uno strumento per eseguire una delle prove semi-distruttive (←), nella quale la resistenza meccanica a compressione (←) del calcestruzzo indurito (←) è stimata indirettamente dalla profondità di infissione di sonde in forma di chiodi sparati dalla pistola e dalla conoscenza della durezza dell’inerte (←) nella scala di Mhos. Lo strumento si compone di un propulsore che infigge i chiodi in acciaio dentro il calcestruzzo. Il risultato della prova consiste nella lettura della parte del chiodo che rimane non infisso nel calcestruzzo.
Pitting. Vaiolature incisive delle armature metalliche corrose dall’attacco dei cloruri (←). → vedi Diagramma di Pedeferri.
Pitting corrosion. Vedi il diagramma di Pedeferri (←) per la prevenzione catodica (←) e la protezione catodica (←).
Plagioclasio. Minerale presente nelle rocce incoerenti della pozzolana naturale (←) di origine vulcanica.
Plastico → vedi Reologia degli impasti cementizi freschi.
Plerosfere. Sono particelle sferiche, simili alle cenosfere (←), di cenere volanti vuote. → vedi Cenere volante.
Plinio il Vecchio. Autore di Naturalis historia (Storia naturale) che è un trattato naturalistico in forma enciclopedica scritto tra il 23 ed il 79. Descrive anche le tecniche costruttive delle costruzioni Romane. → vedi Calcestruzzo antico.
PMS. Acronimo dell’additivo super-fluidificante poli-melammin-solfonato. → vedi Meccanismo di fluidificazione.