Dizionario enciclopedico del calcestruzzo – Sezione 6

Restauro delle strutture in calcestruzzo degradato. Sulla base degli elementi emersi nella diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo (←) è opportuno scegliere il materiale più idoneo per il restauro che sia in grado di resistere a quelle sollecitazioni di carattere chimico, fisico o meccanico alle quali il calcestruzzo originale non è stato in grado di resistere (M. Collepardi, S. Collepardi, J.J. Ogoumah Olagot, F. Simonelli e R. Troli, “Diagnosi del degrado e restauro delle strutture in C.A.”, Seconda Ediz. Tintoretto, Villorba,TV, 2010). Una prima distinzione tra i materiali da impiegare nel restauro può essere fatta tra: 1. prodotti a base di cemento (←); 2. materiali polimerici (←); 3. sali di litio (←); 4. FRP (←) oppure FRMC (←).

Come è mostrato nella Figura che segue la scelta dei materiali per il restauro deve tener conto anche della tecnica esecutiva che si intende adottare per il restauro.

1. Prodotti a base cementizia

Un primo requisito di questi prodotti è di essere resistenti all’attacco che ha provocato il degrado; per esempio nel caso di un degrado per attacco solfatico (←) il materiale cementizio adottato per il restauro deve resistere a questo tipo di attacco.

Un secondo importante requisito dei prodotti a base cementizia riguarda l’adesione al substrato in calce- struzzo da riparare: da questo punto di vista il ritiro igrometrico (←) del materiale cementizio con cui si esegue il restauro provoca un distacco rispetto al substrato in calcestruzzo danneggiato che ha ormai scontato ogni ritiro e si presenta più stabile; la contrazione del materiale cementizio (malta o calcestruzzo), con cui esegui- re il restauro, provoca il distacco dal substrato e/o la fessurazione del materiale da restauro esposto a tensione di trazione che superano la sua resistenza meccanica a trazione.

Per ovviare a questo grave inconveniente le malte o i calcestruzzi da restauro debbono contenere agenti espansivi (←) per compensare il ritiro igrometrico e additivi anti-ritiro (←) per rendersi quanto più indipendenti dall’accuratezza della stagionatura umida (←).

Altri componenti nei prodotti cementizi per il restauro del calcestruzzo sono:

cemento Portland ferrico (←) a basso C3A (←), o ce- mento resistente ai solfati (←) se si teme un degrado da attacco solfatico;

fumo di silice (←) per ridurre la penetrazione del cloruro (←) e la reazione ASR (←); – micro-fibre polimeriche (←) per ridurre le fessurazioni (←) provocate dal ritiro plastico (←);

fibre (←) in acciaio per migliorare la resistenza all’urto (←);

additivi superfluidifi canti (←) per ridurre il rapporto a/c (←) e la permeabilità all’acqua (←);

additivi aeranti (←) in caso di strutture danneggiate dai cicli di gelo-disgelo (←).

Com’è illustrato nella Figura precedente, tre sono le possibili tecniche applicative di materiali cementizi: malta con comportamento tixotropico (←) applicata a spruzzo o a cazzuola; malta o calcestruzzo colabile (←) da introdurre tra vecchia struttura e cassaforma senza compattazione; pasta cementizia (←) a base di micro-cemento (←) superfluida da iniettare nelle macro-cavità del calcestruzzo danneggiato. In ogni caso prima delle varie applicazioni è necessario preparare la struttura da consolidare (scarificare il calcestruzzo danneggiato, saturare il sottofondo con acqua, pulire i ferri, ecc.). Nei paragrafi che seguono sono descritte le modalità operative per i tre specifici interventi.

1.1 Intervento a spruzzo o a cazzuola di malte tixotropiche

L’intervento è destinato all’applicazione di malte espansive a consistenza plastica con comportamento tixotropico (←) per riparare grandi estensioni superficiali (pareti, volte, soffitti) di spessore relativamente ridotto (in genere da 2 a 4 cm). L’intervento comprende:

  • preparazione del sottofondo;
  • produzione della malta;
  • applicazione della malta;
  • stagionatura del rivestimento.

1.1.1. Preparazione del rivestimento

In linea di massima è necessario che il sottofondo di calcestruzzo sul quale si deve applicare la malta da restauro si presenti sano, irruvidito e saturo di acqua. I ferri di armatura, inoltre, debbono essere privati della loro ruggine incoerente. Occorre, pertanto:

  • rimuovere, mediante scarifica meccanica o idrodemolizione, il materiale danneggiato fi no ad arrivare ad un calcestruzzo meccanicamente resistente e irruvidito come è mostrato nella Figura che segue:

Lo spessore di calcestruzzo rimosso deve essere al- meno eguale a quello che, in base alla diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo (←), risulta essere ormai penetrato dagli agenti aggressivi (cloruro, solfato, ecc.) anche se ancora non completamente danneggiato; i residui di precedenti interventi non perfettamente aderenti, come anche oli, grassi, vernici superficiali, ecc., dovranno essere ugualmente rimossi; un irruvidimento ideale del sottofondo corrisponde ad una superficie con asperità di circa 5 mm;

  • pulire i ferri di armatura da polvere e ruggine incoerente mediante sabbiatura come mostrato nella seguente Figura:

  • applicare eventualmente nuovi ferri di armatura se previsti dal progetto di restauro.
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