Dizionario enciclopedico del calcestruzzo – Sezione 4

Deformometro. Strumento per misurare le deformazioni nelle strutture in calcestruzzo -> vedi Monitoraggio delle fessure.

Degradante -> vedi Softening.
Degrado delle strutture in calcestruzzo. Come è mostrato schematicamente nella Tabella che segue le cause di degrado dovute all’ambiente possono essere formalmente suddivise in chimiche, fisiche, meccaniche e biologiche. In questa Tabella non è previsto l’aggressione da parte di sostanze naturali come il vino, l’aceto, l’olio combustibile, ecc. che debbono essere valutati caso per caso -> vedi Attacco dei prodotti naturali.

In realtà, difficilmente in un processo di degrado esiste un solo fenomeno aggressivo; spesso sono più cause che concorrono al deterioramento del materiale esaltandosi vicendevolmente. Per questo motivo è necessario tener conto di un approccio olistico (<-) per esaminare il degrado delle strutture in C.A. (<-).

Come è mostrato nella Figura che segue, le cause di degrado possono anche essere suddivise per componente del calcestruzzo: armature metalliche (<-), inerte (<-) e pasta cementizia (<-).


Degrado delle armature metalliche

Il degrado dei ferri di armatura può essere dovuto a due fenomeni: corrosione promossa dalla carbonatazione (<-) o corrosione promossa dal cloruro (<-).

Degrado degli inerti

Il deterioramento del calcestruzzo dovuto all’inerte (<-) è sostanzialmente dovuto ai cicli di gelo-disgelo (<-), alla silice alcali-reattiva (<-) e al carbonato alcali-reattivo (<-), identificati con CAR.

Degrado della pasta cementizia

Tra le cause più frequenti di degrado della pasta cementizia ci sono le aggressioni chimiche (<-) che includono: attacco solfatico (<-), attacco dei solfuri (<-), attacco dei sali ammoniacali (<-), attacco dei sali di magnesio (<-), attacco dell’anidride carbonica (<-), attacco dei cloruri (<-), attacco del sodio (<-), attacco del potassio (<-) attacco degli alcali (<-).
Occorre innanzitutto distinguere le cause riguardanti gli agenti aggressivi naturali, quali, per esempio, l’acqua di mare (<-), e quelle concernenti gli agenti chimici “artificiali” prodotti dall’uomo, quali gli acidi inorganici, le sostanze organiche, ecc., derivanti quasi sempre dagli scarichi industriali. In linea di massima, è sempre possibile confezionare un calcestruzzo durevole capace di resistere all’azione aggressiva degli agenti definiti “naturali”. Più difficile è, invece, garantire la durabilità (<-) di un calcestruzzo a contatto con agenti aggressivi “artificiali”, a meno che non si ricorra ad un rivestimento protettivo per esempio a base di resina epossidica (<-).
In aggiunta alle aggressioni chimiche (<-), esistono anche cause di degrado imputabili a fenomeni fisici e meccanici. Per quanto concerne le cause definite fi siche, connesse cioè a fenomeni come la variazione di temperatura e l’evaporazione dell’acqua, mentre è possibile confezionare calcestruzzi di durata praticamente illimitata in ambienti con alternanze termiche intorno a 0°C resistente ai cicli di gelo-disgelo (<-) mediante l’impiego di additivo aerante (<-) capace di produrre aria inglobata (<-), diventa pressoché impossibile eliminare le conseguenze del ritiro igrometrico consistenti in fessurazioni (<-) derivanti dall’evaporazione dell’acqua del calcestruzzo in climi asciutti o a seguito di trattamenti ad alte temperature. In questi casi, impiegando un normale calcestruzzo, si possono ridurre gli inconvenienti entro limiti accettabili in relazione alla funzionalità della struttura. Una completa eliminazione delle fessure dovute al ritiro igrometrico può essere realizzata solo ricorrendo a calcestruzzi speciali come il calcestruzzo a ritiro compensato (<-) o a particolari tecniche operative consistenti nella “sigillatura” del materiale con pellicole impermeabili e flessibili per evitare l’asciugamento della struttura in calcestruzzo.
Anche per le cause di degrado definite meccaniche non sempre è possibile confezionare un calcestruzzo che di per sé sia in grado di resistere all’azione degradante degli urti (<-), dell’abrasione (<-), dell’erosione (<-) e della cavitazione (<-). Occorrerà, in questi casi, migliorare al massimo la qualità superficiale del calcestruzzo, ricorrendo, se necessario, a rivestimenti protettivi capaci di rinforzare ulteriormente la resistenza in superficie del materiale. Ancorché non provochino effettivi degradi della struttura, la formazione di muschi (<-), alghe (<-) e licheni (<-) genera danni estetici deturpando la superficie.

Depassivazione. È la perdita della protezione esercitata dalla calce di idrolisi (<-) sui ferri di armatura (<-) nella corrosione promossa dalla carbonatazione (<-) o provocata dalla penetrazione dei cloruri (<-). -> vedi Corrosione dei ferri di armatura.

Deposito degli inerti. Gli inerti debbono essere conservati in ambienti separati da setti meccanici che li dividano durante lo stoccaggio e debbono essere contrassegnati da un cartello che indichi la loro provenienza e granulometria. -> vedi Manuale di controllo del processo produttivo del calcestruzzo industrializzato.

Deturpazioni organiche. Sono deturpazioni per formazione di alghe, licheni e muschi. -> vedi Fisica dell’acqua.

Diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo. La diagnosi del deterioramento di un edificio o di una struttura in calcestruzzo si basa sull’esame visivo del degrado e sulla raccolta di dati storici che – unitamente ai risultati di prove eseguite in sito o in laboratorio su frammenti di materiale prelevati dalla struttura – consentono di stabilire le cause del degrado della struttura in genere, e del deterioramento dei materiali in particolare (M. Collepardi, S. Collepardi, J.J. Ogoumah Olagot, F. Simonelli e R.Troli, “Diagnosi del degrado e restauro delle strutture in C.A.”, Seconda Edizione Tintoretto, Villorba, TV, 2010). Nella Figura che segue è illustrato schematicamente il processo per arrivare alla emissione di una diagnosi del degrado:

Si può dividere il processo di diagnosi in tre stadi:
– esame visivo del degrado;
– raccolta dei dati storici;
– prove in situ ed in laboratorio.

Esame visivo del degrado

L’esame visivo può fornire utili indicazioni circa la raccolta di alcuni elementi indispensabili alla preliminare individuazione del fenomeno almeno per come esso si manifesta apparentemente. Un’accurata documentazione fotografica dei difetti, localizzati in relazione ad un disegno dell’opera coinvolta dal degrado, può essere molto utile per la preparazione di un dossier finalizzato all’emissione della diagnosi. La Tabella che segue riassume schematicamente alcune di queste indicazioni che, attraverso il sopralluogo, è opportuno raccogliere e documentare sistematicamente per inquadrare la tipologia del degrado così come esso si manifesta: fessurazioni (<-), corrosione dei ferri di armatura (<-) scoperti, delaminazioni superficiali o distacchi profondi di calcestruzzo.

Facebooktwittergoogle_pluspinterest