Dizionario enciclopedico del calcestruzzo – Sezione 12

Calcestruzzo fotocatalitico. Appartiene alla famiglia dei calcestruzzi speciali (ß). La fotocatalisi è il fenomeno naturale per cui una sostanza, chiamata fotocatalizzatore, attraverso l’azione della luce naturale o artificiale, attiva un forte processo ossidativo che porta alla trasformazione di sostanze organiche e inorganiche nocive nell’ambiente (NO, CO, SO2, ecc.) in composti assolutamente innocui all’ambiente (L. Cassar, “Photocatalysys of cementitious materials: lean buildings and lean air”, MRS, pp.1-4, May, 2004).

La fotocatalisi promuove una più rapida decomposizione degli agenti inquinanti evitando che essi si accumulino nell’ambiente a contatto del calcestruzzo. Per questo motivo il calcestruzzo fotocatalitico è anche conosciuto come calcestruzzo autopulente (ß). L’aggravamento del livello di inquinamento delle aree urbane ha recentemente indirizzato la ricerca verso l’impiego della capacità di abbattere le sostanze nocive presenti nell’atmosfera.

Il principio fotocatalitico è la base dei cementi e di composti fotoattivi a base di biossido di titanio (ß), TiO2, formulati e brevettati negli ultimi anni dalle grandi industrie cementifere internazionali. Viene impiegato nella produzione dei più vari prodotti cementizi, dalle pitture alle malte ai manufatti prefabbricati – con i quali vengono realizzate pavimentazioni, intonaci e ogni tipo di struttura o rivestimento orizzontale e verticale. Le strutture realizzate o rivestite con materiali contenenti il principio fotocatalitico consentono di abbattere diversi inquinanti atmosferici. Fra questi figurano le polveri sottili, gli idrocarburi aromatici policondensati, gli ossidi di azoto, l’ossido di carbonio e l’ossido di zolfo che negli ambienti urbani sono prevalentemente generati dagli scarichi delle automobili e dai fumi emessi dagli impianti di riscaldamento. Inoltre il fenomeno della fotocatalisi avviene anche in caso di pioggia, e la durabilità meccanica delle applicazioni cementizie fotocatalitiche è uguale a quella delle analoghe applicazioni con cementi standard.

Il principio attivo fotocatalitico non è soggetto a consumo, quindi non si esaurisce. D’altra parte, il costo di realizzazione di elementi strutturali in cemento fotocatalitico si differenzia pochissimo da quello delle realizzazioni col cemento classico. Infatti, dato che la porzione che interagisce con l’atmosfera è la sola superficie, il principio fotocatalitico non viene impiegato in applicazioni strutturali, ma solo laddove sia possibile mantenere spessori modesti.

In Italia la prima opportunità di porre in opera materiali cementizi fotocatalitici si è concretizzata nel 1996 con la costruzione della Chiesa Dives in Misericordia (ß) dell’architetto americano Richard Meier (ß) a Roma. Il progetto è caratterizzato da tre imponenti vele bianche, realizzate con conci prefabbricati di calcestruzzo. Una struttura di tale prestigio architettonico e significato simbolico ha imposto l’impiego di un calcestruzzo straordinario, capace non solo di prestazione meccanica e durevolezza di rilievo, ma caratterizzato anche da un colore bianco di impareggiabile brillanza e dal potere di conservare inalterato nel tempo l’aspetto estetico grazie alle proprietà autopulenti della superficie.

Calcestruzzo fresco -> vedi Classe di consistenza.

Calcestruzzo impermeabile. E’ un calcestruzzo che non lascia passare acqua. La sua definizione è piuttosto vaga se non si precisa il metodo di misura. Resiste alla penetrazione dell’acqua in pressione misurata con il metodo normalizzato da UNI EN 12390-8 -> vedi Permeabilità all’acqua.

Calcestruzzo in blocchi -> vedi Blocchi in calcestruzzo.

Calcestruzzo indurito. Calcestruzzo che ha raggiunto un livello di resistenza meccanica a compressione (ß) che consente la scasseratura (ß) delle strutture -> vedi Indurimento del cemento Portland.

Calcestruzzo industrializzato. Le Norme Tecniche per le Costruzioni (ß) dette anche NTC (ß), emanate con DM del 14 Gennaio 2008, ed entrate in vigore l’1 Luglio 2009, nel paragrafo 11.2.8 fanno  riferimento alle prescrizioni relative al “calcestruzzo confezionato con processo industrializzato”, inteso come calcestruzzo “prodotto mediante impianti, strutture e tecniche organizzate sia in cantiere che in uno stabilimento esterno al cantiere stesso”. Le Linee Guida sul calcestruzzo preconfezionato (ß) redatte dal Servizio Tecnico Centrale (ß) della Presidenza del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (ß), forniscono i criteri per l’elaborazione del Manuale di Controllo del Processo di Produzione del calcestruzzo industrializzato (ß) noto anche come Manuale dell’FPC (ß) – Factory Process Control – nel quale si riportano le attività della società produttrice di calcestruzzo preconfezionato (S. Collepardi, E. N. Croce, G. Fazio, J.J. Ogoumah Olagot, R.Troli, “Controllo del processo produttivo del calce- struzzo” Edizione Enco, 2008).

In una nota esplicativa (delibera N. 17 del 10-03-06) l’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (LLPP), in risposta ad un quesito dell’ATECAP (Associazione Tecnico-Economica dei produttori di calce- struzzo preconfezionato) sulla definizione di calcestruzzo industrializzato secondo le NTC, precisa che nella definizione di calcestruzzo confezionato con processo industrializzato rientrano le seguenti tre tipologie di calcestruzzo:

  • calcestruzzo prodotto in impianti industrializzati (fissi);
  • calcestruzzo prodotto nell’ambito di impianti e stabilimenti industrializzati di prefabbricazione (fissi);
  • calcestruzzo prodotto in impianti industrializzati nei cantieri (temporanei).

I documenti che accompagnano ogni fornitura in cantiere di calcestruzzo confezionato con processo industrializzato devono indicare gli estremi della certificazione di controllo del processo di produzione -> vedi Controllo di produzione del calcestruzzo industrializzato.

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