Il nuovo calcestruzzo – La normativa dei cementi

La tecnologia del calcestruzzo. Il Prof. Mario Collepardi ci descrive la normativa sui cementi. Le informazioni sono tratte dal libro “Il nuovo calcestruzzo” acquistabile al seguente link www.encosrl.it/libriEcco del materiale tratto da libro “Il nuovo calcestruzzo”

2.3 ESIGENZA DI UNA NORMATIVA SUI CEMENTI

Fino al 1993 in tutti i Paesi Europei vigeva una normativa che regolamentava la produzione dei cementi sul territorio nazionale. Con l’avvento delle regole comunitarie nell’Unione Europea, anche per il cemento è stata concordata una nuova normativa (EN 197/1) basata su una classi?cazione unica. L’obiettivo è duplice: da una parte consentire la distribuzione del cemento, prodotto in un qualsiasi paese comunitario, su tutto il territorio dell’Unione; dall’altra, mettere in condizione i tecnici delle costruzioni (preconfezionatori, prefabbricatori, imprese e studi di progettazione) di poter scegliere, con gli stessi criteri, il cemento più adatto allo speci?co impiego in qualsiasi Paese dell’Unione essi si trovino ad operare.Predisporre un’unica normativa in Paesi già dotati di precedenti proprie normative non è stata una facile impresa. La posizione assunta dai responsabili dell’emanazione della nuova norma è stata, saggiamente, di accogliere tutte le esistenti tecnologie già consolidate nei singoli Paesi e di uniformarle in un’unica classi?cazione europea. Il risultato di questa complessa operazione è che il numero dei cementi normalizzati nell’Unione Europea – e quindi tutti potenzialmente producibili e/o utilizzabili in ogni singolo Stato membro della Comunità – è di 150. Ovviamente, non necessariamente in ogni Stato, e tanto meno in ogni cementeria, si distribuiscono o si producono tutti e 150 i diversi cementi normalizzati. In ogni Paese Europeo, per esempio, si calcola che siano presenti sul mercato 30-40 cementi dei 150 potenzialmente producibili secondo la norma EN 197/1. Si tratta comunque di un bell’aumento se si pensa che, con la vecchia normativa vigente ?no al 1993, era-no di fatto disponibili sul mercato di ogni Paese Europeo solo 7-8 tipi di cemento.La proliferazione del numero dei cementi è stata vista dalla maggior parte degli utenti – non tutti necessariamente esperti di cemento – come una complicazione aggravata dall’ermeticità dei codici alfa-numerici (“CEM III B 32.5R”, “CEM II-A/L 42.5”, ecc.) con i quali i cementi vengono ora individuati, rispetto alla tradizionale vecchia nomenclatura.Il problema vero, però, non sta tanto nella proliferazione dei cementi o nella dif?coltà di decodi?care formalmente i simboli con i quali vengono individuati, ma piuttosto nella incapacità da parte degli utenti del cemento di interpretare l’esatto recondito messaggio tecnico che si nasconde dietro il codice alfa-numerico dei simboli.La normativa europea sui cementi è incentrata su due requisiti fondamentali: la classe di resistenza ed il tipo di cemento, quest’ultimo inteso come composizione dei suoi ingredienti. Esistono 25 diversi tipi (o sottotipi) di cemento, come vedremo più avanti, e ciascun tipo può essere disponibile in 6 diverse classi di resistenza. Da ciò deriva che in totale, moltiplicando il numero dei tipi (25) per il numero delle classi di resistenza (6) sono teoricamente possibili 150 diversi cementi. In realtà, in ogni singolo Paese non tutti e 25 i tipi vengono prodotti, per oggettiva mancanza locale di alcuni ingredienti o per mancanza di una tradizione preesistente a produrre ed impiegare alcuni determinati tipi di cemento. E neppure tutte e 6 le classi di resistenza sono disponibili per i vari tipi di cemento realmente prodotti, molto spesso per oggettive dif?coltà tecniche a produrre o a impiegare alcune classi di resistenza di determinati tipi di cemento. Ciò nondimeno, la normativa prevede che questi cementi – oggi tecnicamente irrealizzabili – possano essere in un futuro prodotti grazie ai progressi innovativi del settore. Vedremo più avanti quali di questi cementi non sono prodotti e perché. Limitiamoci ora ad esaminare i requisiti fondamentali in base ai quali distinguere i cementi, per classe di resistenza, per tipo e sottotipo.

2.5 PRESA DEL CEMENTO

La presa del cemento è misurata con il cosiddetto ago di Vicat seguendo la normativa UNI EN 196-3:2005. Prima di determinare la presa occorre preparare una pasta di cemento mescolando a 20°C  la polvere di cemento con tanta acqua (dal 22 al 33% circa) quanta ne occorre per ottenere una miscela di consistenza standard. Per ottenere la pasta a consistenza standard si appoggia la sonda  di Vicat (diametro circa 1 cm) sulla sommità della pasta cementizia che riempie il volume di un contenitore cilindrico (Fig. 2.1 A) e si misura la penetrazione della sonda nella pasta di cemento; la consistenza standard è raggiunta quando la penetrazione della sonda, caricata con un peso di 300 grammi, è di 6 ± 2 mm. La pasta a consistenza plastica viene quindi sottoposta alla penetrazione dell’ago, diametro di 1,13 mm caricato con un peso di 300 grammi (Fig. 2.1 B) ?nché l’ago si arresta a 3 mm dal fondo del contenitore. Il tempo per raggiungere questa situazione è chiamato tempo di inizio presa; secondo la norma sopra menzionata il tempo di inizio presa deve essere non inferiore a 60 min per cementi con classe di resistenza ? no a 42.5 N e di almeno 45 min per cementi con classe di resistenza maggiore di 42.5 N (Tabella 2.1). Sebbene non vi sia alcun limite nella UNI EN 196-3:2005 viene anche misurato il tempo di ? ne presa che corrisponde al tempo trascorso af? nché l’ago penetri la pasta di cemento di 0.5 mm dalla sommità del contenitore.Il tempo di inizio e ?ne presa misurati sulla pasta di cemento non sono in relazione con la resistenza meccanica dei cementi che viene misurata su malta anch’essa standardizzata (§ 2.6). Neppure esiste alcuna correlazione del tempo di inizio o ?ne presa misurato sulla pasta di cemento con le modalità sopra descritte con il tempo di presa del calcestruzzo secondo la norma ASTM Standard C403-93; questa norma prevede la misura della penetrazione di una sonda nella malta ricavata per setacciatura del calcestruzzo.Fig. 2.1 – A: misura della consistenza della pasta di cemento. B: misura del tempo iniziale di presa

2.6 CLASSE DI RESISTENZA DEI CEMENTI

Ciascun tipo di cemento può essere fornito dal produttore in una delle seguenti classi di resistenza: 32.5N; 32.5R; 42.5N; 42.5R; 52.5N e 52.5R. Il numero (32.5, 42.5 oppure 52.5) individua la soglia minima di resistenza meccanica a compressione, in N/mm2, misurata a 28 giorni secondo una procedura che verrà precisata più avanti.La presenza del simbolo N o R, dopo il numero, sta a signi?care il comportamento meccanico del cemento alle brevi stagionature: per esempio sia il ce-mento di classe 32.5N, sia quello di classe 32.5R debbono superare a 28 giorni la resistenza meccanica di 32.5 N/mm2; tuttavia il cemento di classe 32.5R (“R” sta per rapido) deve anche superare la soglia di 10 N/mm2 a 2 giorni, mentre quello di classe 32.5N deve garantire il raggiungimento di un limite prestazionale (16 N/mm2) a 7 giorni (Tabella 2.1).Tabella 2.1 – Resistenza meccanica a compressione per le classi di resistenza dei cementiAnalogamente la differenza tra le classi 42.5N e 42.5R (o tra 52.5N e 52.5R) sta solo nel diverso comportamento alla stagionatura di 2 giorni: quelli contrassegnati con R posseggono una maggiore resistenza meccanica a 2 giorni, mentre a 28 giorni i requisiti di resistenza meccanica per le due classi di resistenza (42.5N e 42.5R, oppure 52.5N e 52.5R) sono identici.A questa regola fanno eccezione i cementi d’altoforno CEM III (Tabella 2.5) per i quali esiste anche una classe “L” (da “Low” che indica bassa resistenza). La Tabella 2.2 mostra i valori minimi di resistenza meccanica per i cementi CEM III di classe L, N ed R.Tabella 2.2 – Resistenza meccanica a compressione per le classi di resistenza dei cementi tipo CEM IIIPer la determinazione effettiva della resistenza meccanica di un cemento è necessario adottare una procedura standardizzata, in base alla quale alcuni parametri, che potrebbero in?uenzare la resistenza meccanica stessa, siano rigorosamente mantenuti costanti da prova a prova. Per esempio, poiché il rapporto tra il quantitativo di acqua e quello del cemento condiziona, come si è già detto precedentemente, la prestazione meccanica di un impasto cementizio, per la miscela (in forma di malta) su cui eseguire la prova di resistenza, si adotta sempre lo stesso rapporto acqua/cemento (0,5). Così pure è ?sso il rapporto tra sabbia e cemento (3), come anche il tipo di sabbia, la sua granulometria, ecc. Sono anche rigorosamente standardizzati il tipo ed il tempo di miscelazione, la modalità di riempimento delle casseforme di laboratorio (4x4x16 cm) con la malta, le condizioni termiche (20°C) ed igrometriche di maturazione (UR ? 95%) ed in?ne la metodologia di sollecitazione meccanica per la rottura dei provini.I risultati della resistenza meccanica, ottenuti secondo la procedura sopra descritta, vengono poi confrontati con i valori minimi richiesti dalla norma per ciascuna classe di resistenza (Tabella 2.1). Se, per fare solo un esempio, i risultati ottenuti fossero di 8 N/mm2 a 2 giorni, 30 N/mm2 a 7 giorni e 48 N/mm2 a 28 giorni, la classe di resistenza assegnata a questo cemento sarebbe 32.5, ancorché a 28 giorni la sua prestazione (48 N/mm2) supera quella richiesta da un cemento di classe 42.5N o 42.5R. Infatti, il mancato raggiungimento di almeno 10 N/mm2 a 2 giorni non consentirebbe a questo cemento di essere inquadrato neppure nella classe di resistenza 32.5R.Fig. 2.2A – Schematizzazione della cottura del clinkerFig. 2.2B – Vista di un forno per produrre il clinkeer (per gentile concessione di Italcementi SpA) 

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