Il nuovo calcestruzzo – Calcestruzzi ad alta resistenza meccanica

Capitolo XVI

INFLUENZA DELLA ZONA DI TRANSIZIONE SULLA RESISTENZA MECCANICA

La zona di transizione, che è in genere più porosa e meccanicamente più debole degli altri due componenti (aggregato lapideo e matrice cementizia), esercita un’influenza sulle proprietà del materiale composito significativamente maggiore di quella che ci si potrebbe attendere dalle sue dimensioni relativamente ridotte.

Per interpretare meglio il meccanismo dell’influenza, piuttosto complessa, esercitata dalla zona di transizione sulle proprietà meccaniche (ma anche su quelle elastiche e su quelle riguardanti la durabilità) del materiale, è opportuno approfondire la descrizione di questa zona-chiave del calcestruzzo.

Fig. 17.6 – Rappresentazione schematica di un calcestruzzo nella zona di transizione tra aggregato lapideo e matrice cementizia

Nel calcestruzzo fresco sottoposto a compattazione, intorno alle zone inferiori dei granuli grossi dell’aggregato vengono a formarsi dei fi lm di acqua (qualche decina di μm) al di sotto dei quali si raccoglie prevalentemente l’acqua di bleeding. Già questa situazione determina un rapporto acqua/ cemento più elevato (e quindi una maggiore porosità) nella zona di transizione rispetto alla matrice cementizia. La formazione dei primi germi-cristallini di Ca(OH)2 e di ettringite, che avviene in tutta la matrice cementizia per effetto dell’idratazione dei silicati e degli alluminati del cemento (§ 3.3-3.5), è seguita da un maggior accrescimento dei cristalli di questi prodotti nella zona di transizione più porosa per il maggior rapporto acqua/solido localmente esistente. La maggiore porosità di questa zona consente anche lo sviluppo di cristalli di calce pluristratici, orientati più o meno parallelamente alla superfi cie dell’aggregato, ma anche facilmente sfaldabili e quindi meccanicamente più deboli. In tempi successivi, negli interstizi disponibili tra i cristalli di calce e di ettringite, vengono a depositarsi il C-S-H (prodotto per idratazione dei silicati del cemento: § 3.5) in forma di fi bre più o meno reticolate e nuovi cristalli più piccoli di calce e di ettringite: questo secondo processo, molto più lento rispetto alla formazione iniziale dei primi grossi cristalli di calce e di ettringite, comporta un progressivo riempimento dei pori esistenti nella zona di transizione, cosicché nel giro di diversi mesi la porosità della zona di transizione tenderebbe ad eguagliare quella della matrice cementizia (Fig. 17.7). La microstruttura schematizzata nella Fig. 17.6 si riferisce ad una situazione intermedia (circa 1 mese) quando ancora la zona di transizione è più porosa e quindi meccanicamente più debole della matrice cementizia.

Fig. 17.7 – Andamento schematico nel tempo della porosità nella matrice cementizia e della zona di transizione del calcestruzzo

Fig. 17.8 – Tipico comportamento sforzo-deformazione del calcestruzzo e dei suoi componenti (aggregati e pasta cementizia)

In condizioni particolarmente favorevoli, a tempi molto lunghi, e con accurata stagionatura umida per favorire il grado di idratazione del cemento (§ 8.2; 15.3), la zona di transizione potrebbe anche diventare un po’ meno porosa della matrice (Fig. 17.7) con formazione di veri e propri legami chimici tra i prodotti di idratazione del cemento e la superfi cie dell’aggregato (§ 4.8): con formazione di carboalluminati se quest’ultimo è il tipo calcareo, o di C-S-H se l’aggregato è siliceo.

Tuttavia, è difficile che questa situazione, che potenzialmente determinerebbe addirittura una maggiore resistenza meccanica della zona di transizione, possa realmente verificarsi nelle usuali stagionature all’aria dei conglomerati cementizi, cioè in assenza di un’accurata stagionatura umida (§ 15.3). Inoltre, un’altra caratteristica della zona di transizione, in aggiunta ad una maggiore porosità che si protrae per diversi mesi, consiste nell’innesco e nella propagazione di microfessure che danneggiano irreversibilmente il materiale. Le microfessure si possono formare nella zona di transizione per una qualsiasi causa di sollecitazione che provochi un movimento differenziale tra la matrice cementizia e l’aggregato dotati di moduli elastici significativamente diversi tra loro: un gradiente termico originato dal calore di idratazione del cemento (§ 14.5); un ritiro igrometrico che coinvolge la matrice ma non l’aggregato (§ 15.6); un carico applicato per un tempo più o meno lungo (§ 16.1) ancorché inferiore a quello di rottura. In tutte queste circostanze la zona di transizione (se viene a mancare una stagionatura umida prolungata per qualche mese, e ciò si verifi ca correntemente) diventa il luogo dove si accumulano le varie microfessure tra la superficie dell’aggregato e la circostante matrice cementizia.

Quando il materiale è sollecitato fi no a rottura, durante la prova per la determinazione della resistenza meccanica, le microfessure già esistenti aumentano per spessore e lunghezza, propagandosi preferibilmente nella zona di transizione e successivamente nella matrice cementizia, In genere, a partire da una sollecitazione pari a circa il 40% di quella che provoca la rottura (cioè della resistenza meccanica), le deformazioni del calcestruzzo aumentano molto più rapidamente con il progressivo incremento della sollecitazione proprio per il propagarsi delle microfessure già esistenti nella zona di transizione.

Ciò spiega perché il calcestruzzo mostri una deformazione plastica laddove i suoi componenti singoli (aggregato e pasta di cemento) si comportano fragilmente alla rottura dopo una deformazione elastica pressoché lineare (Fig. 17.8). Inoltre, quando si raggiunge una sollecitazione pari a circa il 70% di quella che provoca la rottura, ha inizio la fessurazione della matrice a causa della concentrazione degli sforzi intorno ai vuoti (macro-cavità, pori, difetti) esistenti nella matrice stessa. Con sollecitazioni progressivamente maggiori, le fessure si diffondono attraverso la matrice e vanno a ricongiungersi con quelle pre-esistenti sviluppatesi nella zona di transizione, creando così uno stato fessurativo pressoché continuo e provocando, quindi, la rottura del materiale.

In assenza di aggregati, invece, la propagazione delle fessure nella pasta cementizia, fino allo stato fessurativo continuo e quindi alla rottura, richiede una maggiore sollecitazione. Ciò spiega perché il calcestruzzo presenta una minore resistenza meccanica rispetto non solo all’aggregato, ma anche alla matrice cementizia (Fig. 17.8). Infine, poiché la propagazione delle fessure richiede più forza ma anche più energia nelle sollecitazioni di compressione che in quelle di trazione, si può spiegare perché la resistenza meccanica a compressione sia maggiore di quella a trazione, e perché il calcestruzzo presenti il caratteristico comportamento di un materiale fragile, anche se in realtà esso subisce, prima delle rottura, una leggera deformazione plastica.

Sulla base del meccanismo sopra illustrato, ed in particolare del ruolo giocato dalla zona di transizione, si può anche spiegare l’influenza del fuoco (Capitolo XXIV) sulle proprietà elastiche e meccaniche del calcestruzzo: a causa delle tensioni termiche, infatti, le microfessure pre-esistenti nella zona di transizione si allargano e si estendono riducendo ulteriormente il contatto tra matrice cementizia ed aggregato e la conseguente possibilità di trasferire gli sforzi. Pertanto, dopo un incendio si registra, in genere, una diminuzione di modulo elastico del calcestruzzo molto maggiore del corrispondente calo nella resistenza meccanica a compressione.

Poiché la zona di transizione gioca un ruolo molto più determinante con gli aggregati grossi, dove è più facile che si verifichino le condizioni di acqua intrappolata per effetto del bleeding interno (Fig. 17.5), ne consegue che, a parità di rapporto acqua/cemento, la resistenza meccanica a compressione risulterà minore nel calcestruzzo che non nella malta. La presenza di microfessure nella zona di transizione, oltre ad influenzare le proprietà meccaniche ed elastiche del calcestruzzo, condiziona anche la permeabilità all’acqua e ad altri potenziali agenti aggressivi: in corrispondenza della zona di transizione, intrinsecamente più porosa e più microfessurata, diventa più facile l’ingresso di acqua e di aria con conseguenze negative sulla durabilità del calcestruzzo e sulla protezione dei ferri dalla corrosione.

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